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Tutto quello che serve sapere prima di arrivare in piscina

La prima lezione

Il metodo SwimBabySwim si basa su quattro pilastri fondamentali per costruire un rapporto sicuro e consapevole tra il bambino e l'acqua. Questi obiettivi, che mirano a sviluppare competenze a lungo termine, vengono perseguiti fin dalla prima lezione e rappresentano la base dell'intero percorso.

I 4 pilastri del metodo SwimBabySwim

  • La confidenza con l'acqua: Non si tratta solo di non avere paura, ma di sentirsi a proprio agio e sereni in un ambiente diverso da quello terrestre. L'obiettivo è trasformare l'acqua da un elemento sconosciuto a un luogo familiare di gioco e scoperta.
  • L'apnea volontaria: Partendo dai riflessi di apnea involontaria si lavora affinché il bambino impari a trattenere il respiro in modo consapevole. Questa abilità è cruciale per la sicurezza e viene introdotta gradualmente, rispettando i tempi di ogni bambino.
  • L'equilibrio in acqua: L'acqua cambia le dinamiche di movimento e l'equilibrio. Il metodo insegna ai bambini a percepire il proprio corpo in questo nuovo elemento, a trovare stabilità e a gestire i cambi di posizione con naturalezza.
  • Le manovre di auto-salvataggio: Questo è l'obiettivo finale e più importante. Si tratta di insegnare al bambino come reagire in situazioni di pericolo, come mettersi in una posizione sicura (ad esempio, galleggiare sulla schiena) e come muoversi verso un appiglio.
Questi obiettivi sono gli stessi per tutti, indipendentemente dall'età o dal livello di partenza. Il percorso è strutturato per essere graduale e progressivo, permettendo a ogni bambino di raggiungere queste competenze tra i 24 e i 36 mesi. 

La prima lezione: Focus sul genitore

La prima lezione è un momento cruciale che si concentra sull'acquisizione delle prime competenze da parte del genitore, che diventa il primo "istruttore" del bambino in acqua. Vengono insegnate tre abilità principali:

  • Prese frontale e dorsale: Imparerete a sostenere e a muovere il bambino in acqua in modo sicuro e confortevole, facilitando la sua confidenza e i suoi movimenti.
  • Galleggiamento dorsale: Per i neonati fino ai 6-8 mesi, si lavora su questa posizione di sicurezza. Il galleggiamento sulla schiena è una delle prime manovre di auto-salvataggio che il bambino impara.
  • Uso dei galleggianti: Utilizzerete strumenti specifici per aiutare il bambino a trovare il proprio equilibrio e a stimolare il movimento delle gambe, preparando il terreno per la propulsione autonoma
Se queste basi vengono acquisite con successo, si introduce il concetto di apnea. Gli esercizi sono calibrati in base allo sviluppo del bambino e alla sua esperienza, rendendo l'approccio personalizzato e non traumatico.

Traduciamo in concreto alcuni dei principi affrontati a lezione  

Il successo di questo approccio si basa su un autentico lavoro di squadra che vede protagonisti genitori, bambini e insegnanti, dove la fiducia reciproca e una comunicazione aperta e trasparente sono la chiave di volta. Il percorso non è solo un insieme di esercizi tecnici, ma un viaggio di crescita emotiva e relazionale. 

L'obiettivo ultimo è che il bambino sviluppi un rapporto positivo e duraturo con l'acqua, basato sulla curiosità, sul divertimento e sulla consapevolezza delle proprie capacità, in un clima di rispetto e collaborazione che coinvolge tutta la "squadra" educativa.

La pazienza e i tempi del bambino

Il pianto, la frustrazione o la rigidità sono risposte naturali a una situazione nuova e sfidante. Il vostro ruolo è quello di essere un punto fermo, una "base sicura".

  • Sostenere senza intervenire: Negli esercizi per la ricerca dell’equilibrio quando il bambino si irrigidisce o cerca di aggrapparsi, resistete all'impulso di tirarlo su subito. Mantenete la presa, parlate con voce calma e rassicurante e dategli il tempo di capire che è al sicuro. A volte, un semplice tocco sulla schiena o una carezza sul viso possono bastare per fargli sentire la vostra presenza. L'obiettivo non è risolvere il problema per lui, ma aiutarlo a risolverlo da solo, passo dopo passo.
  • Celebrare i piccoli progressi: ogni volta che il bambino riesce a stare in galleggiamento anche solo per un secondo in più, o che si rilassa dopo un momento di tensione, fateglielo notare con un sorriso, un abbraccio o un incoraggiamento. Dare valore a questi piccoli successi rafforza la sua autostima e lo motiva a continuare.

 Gestire il pianto come una forma di comunicazione

Il pianto non è sempre un segno di dolore o paura. È un linguaggio, specialmente in un ambiente non verbale come l'acqua.

  • Identificare le cause: prima di tutto, assicuratevi che il pianto non sia dovuto a fame, sonno, freddo o una reale sensazione di pericolo. Una volta escluse queste cause, potete considerarlo come una reazione emotiva o un espressione di dispiacere.
  • Non cedere al ricatto emotivo: se il bambino piange per evitare un esercizio, è cruciale non rimuoverlo subito dalla situazione. Insegnategli a gestire la frustrazione prima di poter uscire. Potete distrarlo con un gioco, cantare una canzone o semplicemente fargli sentire che siete al suo fianco, ma non cedete all'uso del pianto come "interruttore" per interrompere l'attività. Questo insegna al bambino che può superare la difficoltà e lo aiuta a non usare il pianto per manipolare le situazioni.
  • Dare il giusto peso al pianto dopo un'apnea: l'acqua, che entra nelle narici o la sensazione di aver inghiottito un po' d'acqua può essere fastidiosa. La vostra reazione è fondamentale. Sorridete, parlate con un tono allegro e concentratevi su un gioco non appena emerge. Questo gli comunica che la situazione è normale e che non c'è motivo di allarmarsi, aiutandolo a superare rapidamente il fastidio e a non associare l'apnea a un evento negativo.


Rafforzare questi principi significa costruire un percorso più sereno nell’apprendimento delle competenze acquatiche che non solo rende i bambini più sicuri in acqua ma li aiuta anche a sviluppare resilienza, autonomia e fiducia in se stessi. Competenze che gli saranno utili per tutta la vita.

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