
L’entrata in acqua e l’adattamento iniziale del neonato
20 Settembre 2025 by
Elena Cantaboni
Il metodo SwimBabySwim si basa su quattro pilastri fondamentali per costruire un rapporto sicuro e consapevole tra il bambino e l’acqua. Questi obiettivi, che mirano a sviluppare competenze a lungo termine, vengono perseguiti fin dalla prima lezione e rappresentano la base dell’intero percorso.
I 4 pilastri del metodo SwimBabySwim
- La confidenza con l’acqua: Non si tratta solo di non avere paura, ma di sentirsi a proprio agio e sereni in un ambiente diverso da quello terrestre. L’obiettivo è trasformare l’acqua da un elemento sconosciuto a un luogo familiare di gioco e scoperta.
- L’apnea volontaria: Partendo dai riflessi di apnea involontaria si lavora affinché il bambino impari a trattenere il respiro in modo consapevole. Questa abilità è cruciale per la sicurezza e viene introdotta gradualmente, rispettando i tempi di ogni bambino.
- L’equilibrio in acqua: L’acqua cambia le dinamiche di movimento e l’equilibrio. Il metodo insegna ai bambini a percepire il proprio corpo in questo nuovo elemento, a trovare stabilità e a gestire i cambi di posizione con naturalezza.
- Le manovre di auto-salvataggio: Questo è l’obiettivo finale e più importante. Si tratta di insegnare al bambino come reagire in situazioni di pericolo, come mettersi in una posizione sicura (ad esempio, galleggiare sulla schiena) e come muoversi verso un appiglio.
Questi obiettivi sono gli stessi per tutti, indipendentemente dall’età o dal livello di partenza. Il percorso è strutturato per essere graduale e progressivo, permettendo a ogni bambino di raggiungere queste competenze tra i 24 e i 36 mesi.
La prima lezione: Focus sul genitore
La prima lezione è un momento cruciale che si concentra sull’acquisizione delle prime competenze da parte del genitore, che diventa il primo “istruttore” del bambino in acqua. Vengono insegnate tre abilità principali:
- Prese frontale e dorsale: Imparerete a sostenere e a muovere il bambino in acqua in modo sicuro e confortevole, facilitando la sua confidenza e i suoi movimenti.
- Galleggiamento dorsale: Per i neonati fino ai 6-8 mesi, si lavora su questa posizione di sicurezza. Il galleggiamento sulla schiena è una delle prime manovre di auto-salvataggio che il bambino impara.
- Uso dei galleggianti: Utilizzerete strumenti specifici per aiutare il bambino a trovare il proprio equilibrio e a stimolare il movimento delle gambe, preparando il terreno per la propulsione autonoma
- Se queste basi vengono acquisite con successo, si introduce il concetto di apnea. Gli esercizi sono calibrati in base allo sviluppo del bambino e alla sua esperienza, rendendo l’approccio personalizzato e non traumatico.
Traduciamo in concreto alcuni dei principi affrontati a lezione
Il successo di questo approccio si basa su un autentico lavoro di squadra che vede protagonisti genitori, bambini e insegnanti, dove la fiducia reciproca e una comunicazione aperta e trasparente sono la chiave di volta. Il percorso non è solo un insieme di esercizi tecnici, ma un viaggio di crescita emotiva e relazionale. L’obiettivo ultimo è che il bambino sviluppi un rapporto positivo e duraturo con l’acqua, basato sulla curiosità, sul divertimento e sulla consapevolezza delle proprie capacità, in un clima di rispetto e collaborazione che coinvolge tutta la “squadra” educativa.
- La pazienza e i tempi del bambino
Il pianto, la frustrazione o la rigidità sono risposte naturali a una situazione nuova e sfidante. Il vostro ruolo è quello di essere un punto fermo, una “base sicura”.
- Sostenere senza intervenire: Negli esercizi per la ricerca dell’equilibrio quando il bambino si irrigidisce o cerca di aggrapparsi, resistete all’impulso di tirarlo su subito. Mantenete la presa, parlate con voce calma e rassicurante e dategli il tempo di capire che è al sicuro. A volte, un semplice tocco sulla schiena o una carezza sul viso possono bastare per fargli sentire la vostra presenza. L’obiettivo non è risolvere il problema per lui, ma aiutarlo a risolverlo da solo, passo dopo passo.
- Celebrare i piccoli progressi: ogni volta che il bambino riesce a stare in galleggiamento anche solo per un secondo in più, o che si rilassa dopo un momento di tensione, fateglielo notare con un sorriso, un abbraccio o un incoraggiamento. Dare valore a questi piccoli successi rafforza la sua autostima e lo motiva a continuare.
2. Gestire il pianto come una forma di comunicazione
Il pianto non è sempre un segno di dolore o paura. È un linguaggio, specialmente in un ambiente non verbale come l’acqua.
- Identificare le cause: prima di tutto, assicuratevi che il pianto non sia dovuto a fame, sonno, freddo o una reale sensazione di pericolo. Una volta escluse queste cause, potete considerarlo come una reazione emotiva o un espressione di dispiacere.
- Non cedere al ricatto emotivo: se il bambino piange per evitare un esercizio, è cruciale non rimuoverlo subito dalla situazione. Insegnategli a gestire la frustrazione prima di poter uscire. Potete distrarlo con un gioco, cantare una canzone o semplicemente fargli sentire che siete al suo fianco, ma non cedete all’uso del pianto come “interruttore” per interrompere l’attività. Questo insegna al bambino che può superare la difficoltà e lo aiuta a non usare il pianto per manipolare le situazioni.
- Dare il giusto peso al pianto dopo un’apnea: l’acqua, che entra nelle narici o la sensazione di aver inghiottito un po’ d’acqua può essere fastidiosa. La vostra reazione è fondamentale. Sorridete, parlate con un tono allegro e concentratevi su un gioco non appena emerge. Questo gli comunica che la situazione è normale e che non c’è motivo di allarmarsi, aiutandolo a superare rapidamente il fastidio e a non associare l’apnea a un evento negativo.
Rafforzare questi principi significa costruire un percorso più sereno nell’apprendimento delle competenze acquatiche che, non solo rende i bambini più sicuri in acqua, ma li aiuta anche a sviluppare resilienza, autonomia e fiducia in se stessi, competenze che gli saranno utili per tutta la vita.
Written By
Elena Cantaboni
Dal 1996 mi occupo di AcquaMotricità Neonatale e Prenatale e ho avuto il piacere di interagire con più di 3000 famiglie.
Dal 2006 sono Docente di AcquaMotricità Neonatale alla Facoltà di Scienze Motorie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e per Fit One Promotion.
Diplomata all’ISEF, laureata in Scienze Motorie, Coach in PNL e futuro Mentore esperto in Relazioni